PISA – Riceviamo e pubblichiamo la risposta del rettore dell’Università di Pisa Riccardo Zucchi alla lettera aperta di Alessandra Veronese, professoressa di Storia medievale e Storia ebraica dell’Università di Pisa, pubblicata su Il Foglio lo scorso 31 luglio e titolata “Magnifico rettore, perché questo doppio standard su Israele?”
“Cara Alessandra, ti scrivo con il consueto tono informale che ha sempre contraddistinto i nostri rapporti, anche durante la tua partecipazione alle riunioni degli organi di ateneo lo scorso anno. Ti ringrazio ancora per il contributo portato in quella sede, dove il confronto – talvolta acceso, ma sempre rispettoso – ha permesso un dialogo aperto tra posizioni diverse, in particolare sul tema della Palestina. Riconosco, come osservi, che ci possono essere incertezze sul numero esatto delle vittime civili a Gaza. Tuttavia, anche escludendo i presunti militanti di Hamas e i minori eventualmente coinvolti nei combattimenti, rimane l’evidenza drammatica di migliaia, forse decine di migliaia, di vittime innocenti – inclusi molti bambini – come mostrano in modo inequivocabile le immagini che circolano ogni giorno in tutto il mondo. Colpisce che tutto ciò avvenga per mano di un popolo che ha donato all’umanità la Torah, un riferimento morale universale per le grandi religioni monoteistiche e per molte società civili. In essa si legge il comandamento «non uccidere», riportato in forma netta e assoluta nei testi biblici (Es 20,13 e Dt 5,17): due parole senza condizioni, limiti o eccezioni. Un principio che rappresenta un monito potente contro qualsiasi logica di sopraffazione. Per quanto riguarda l’accusa di doppi standard, ritengo sia infondata. La delibera del Senato Accademico si esprime in termini generali e coerenti con i principi statutari, affermando che ogni collaborazione scientifica e didattica debba rispettare tali valori. È vero che il caso israelo-palestinese ha rappresentato il punto di partenza, ma lo è stato per l’oggettiva gravità del contesto: il numero di vittime civili, l’uso sistematico della fame come arma di guerra, l’ampia documentazione che mostra pratiche assimilabili a una pulizia etnica – così come definita anche da fonti autorevoli come l’Enciclopedia Treccani. Nel valutare le collaborazioni con università israeliane, abbiamo rilevato la presenza di progetti attivi su temi rilevanti e condivisi, come le malattie neurodegenerative o la sostenibilità ambientale. Questi non sono stati interrotti, così come non lo è stato l’accordo Erasmus. Diverso il caso di due accordi quadro privi di applicazioni concrete, ma che esprimono una fiducia preventiva verso partner che, secondo la valutazione del Senato e del CdA, presentano criticità rilevanti: la Reichman University ha espresso un sostegno esplicito all’attuale offensiva militare a Gaza, mentre la Hebrew University mantiene un insediamento in un’area occupata illegalmente secondo la risoluzione ONU 2334 e collabora attivamente con l’esercito israeliano. Quanto alla richiesta di riconoscimento dello Stato palestinese, va ricordato che tale riconoscimento è già avvenuto da parte della maggioranza dei Paesi membri dell’ONU e sta avvenendo anche da parte di Stati europei a noi vicini. Credo che sostenere con coerenza la soluzione “due popoli, due Stati” implichi anche il riconoscimento formale della pari dignità delle due entità. Parlare di antisemitismo in riferimento a queste decisioni non è corretto. Come abbiamo discusso ampiamente nelle sedi opportune, criticare le scelte di un governo non equivale ad attaccare un popolo. La nostra università continuerà a promuovere relazioni culturali e scientifiche con studiosi e studenti israeliani – come dimostrano anche le collaborazioni in corso, incluse le tue – e a garantire pieno supporto a tutti gli studenti, indipendentemente dalla loro provenienza. Più volte ho incontrato personalmente studenti israeliani per ascoltare le loro esigenze e garantire loro tutela e sostegno. Resto convinto che la scelta compiuta dal nostro ateneo sia in linea con i principi etici e morali più profondi, inclusi quelli che la cultura ebraica ha saputo trasmettere nel tempo all’intera umanità. Un caro saluto,
Riccardo“