Written by 1:03 pm Pisa SC

“Pallone di-pendente”: 1º maggio, su coraggio

PISA – Momentaccio, non c’è che dire per il Pisa Sc, che rimedia la sua terza sconfitta consecutiva e nonostante ciò rimane in piena zona play-off. La nostra Chicca descrive nel suo “Pallone di-pendente” il momento no della squadra di mister Luca D’Angelo.

Come le anatre del laghetto di Central Park del Giovane Holden, dove vanno i tifosi quando diluvia? Quelli del Pisa, al loro posto, in trasferta ad Ascoli Piceno – sotto la pioggia venuta giù da un cielo nero al punto che sembrava di giocare un posticipo invece che nel primo pomeriggio – dimostrandosi, di fatto, idrorepellenti e indifferenti alle intemperie. Contro logica o forse con tutta la logica del mondo.

Il 1° Maggio sono arrivati nel capoluogo marchigiano in quattrocento con una speranza e tornati con una sconfitta (un’altra). Roba per pochi, ad oggi, solo per loro. Avevano gli occhi rivolti verso un cielo impietoso e il loro era il tipico sguardo di sfida. Quello desideroso di esorcizzare il maltempo e al tempo stesso invitarlo ironicamente a fare di più. Tanto la pioggia non poteva bagnare il loro amore, come una vecchia canzone di Gigliola Cinquetti di mezzo secolo fa. Dicono che la vita non sia aspettare che passi una tempesta, bensì imparare a ballare sotto la pioggia. O ancor meglio continuare a cantare mentre essa scendeva copiosa, con i vestiti zuppi e pesanti, le mani avvizzite e il volto da cui sono sembrate scender però gocce di pianto.

Hanno fatto moltissimi chilometri per esserci. Hanno tirato fuori il pesante pastrano di cerata verde col cappuccio anti-nubifragio. Tuttavia, l’acqua, come l’ira, è entrata ugualmente ovunque e l’hanno sentita nelle ossa e nelle scarpe. Perché si sono fatto tutti quei chilometri? Per piangere? Un Pisa orgoglioso certo. Nei novanta minuti, però, fragile. Il campo era pesante? Ok.Hanno giocato tutti male? È vero. Tranne Masucci.

Siamo stati in ritardo sui palloni, benché frenati un po’ dall’acqua. Anche gli avversari però erano frenati. Più fortunati di noi? Può essere e poi essendo meno tecnici hanno sofferto meno. I tifosi erano davvero avviliti per un’altra sconfitta che fa apparire il Pisa più schiappa di quanto, in realtà, non sia e per la dittatura delle reti che, alla fine, è l’unica cosa che vale. Dopo il pomeriggio più piovoso dalla primavera del 1939, sono così tornati a casa pieni di mestizia, completamente fradici, con l’acqua nelle scarpe, i brividi, i capelli bagnati e vaporosi di Robert Plant e con una canzone di Max Pezzali che, dal triplo fischio dell’arbitro, non è riuscita a uscire dalla testa di molti: «la dura legge del gol». Che il calcio fosse uno sport beffardo mi era noto; tuttavia, non sapevo quanto lo stadio fosse in grado di amplificare il sentimento di scherno dopo i gol. Sulle due reti loro traiettorie infami sul campo scivoloso e il diavolo che ha diretto i palloni negli angolini dove Nicolas non è potuto arrivare. Si va avanti copincollando gli errori precedenti, riabbracciando quelle situazioni di cui ci si voleva sbarazzare. É l’eterno ritorno dell’identico, peggio di un referendum costituzionale.

Il Pisa è una squadra che, al di là del suo valore tecnico, vive di equilibri precari, in campo e fuori. Il risultato è stato accolto in città come la fine del mondo: sacrosanto rimpiangere l’occasione sprecata, doveroso assegnare colpe e responsabilità, giusto maledire i punti buttati al vento contro un avversario mediocre, però la vita continua. Deve continuare. Su coraggio Mr Rain. Io, sinceramente, ci avrei messo la firma sul Pisa a maggio in zona playoff! Sarà che “l’amore ha l’amore come solo argomento”, anche se, stavolta, purtroppo, il tumulto del cielo non ha sbagliato momento.

Last modified: Maggio 3, 2023
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