PISA – Il pareggio beffardo del “Sinigaglia” di Como ha lasciato l’amaro in bocca ai tifosi nerazzurri e anche alla nostra Chicca che come al solito ci racconta le sue emozioni nella nuova rubrica di “Pallone di-pendente”.
Lo dice il nome: riparazione, mercato di riparazione. Solo che a gennaio le squadre di calcio, spesso e volentieri, non hanno le capacità economiche per riparare nulla e, allora, prendono tanto per prendere più che per correre ai ripari.
Perché se d’estate di soldi ne girano pochi, figurarsi d’inverno quando tutti hanno l’esigenza, soprattutto, di sfoltire la rosa – anziché ampliarla – e ancora di più il monte ingaggi.
Nemmeno i presidenti munifici abbondano: famiglie storiche, editori impuri, magnati di provincia, holding cinesi, zii d’America e fondi misteriosi – chi più chi meno con la Finanza alle calcagna per via delle plusvalenze (vedi Juve) – stanno da tempo ben attenti a non sforare i propositi di bilancio, inventandosi formule creative (controriscatto, chi era costui?) per tenere a bada procuratori sempre più avidi e minacciosi.
Ormai da anni il calciomercato ha deciso di piantare le tende in uno stretto corridoio tra la fredda cronaca e l’autoironia. Con la fretta che ci contraddistingue, per ogni storia che nasce ci preoccupiamo troppo della fine, dimenticandoci del resto, la narrazione dei fatti. Invece le storie sono tutte belle, ma bisogna saperle raccontare, perché altrimenti anche il finale migliore non è sufficiente a riscattarle. È la legge del cinema, della letteratura, della scrittura, detto in generale. Ma non è la legge del calciomercato, dove tutto è un po’ diverso. Ogni vicenda tende essenzialmente a una sua conclusione.
Tizio passa da questa squadra a un’altra. E questo basti, è la notizia. Già, ma la storia? Dov’è? La storia si consuma in rapidi retroscena che non sempre appartengono alla verità assoluta, solo a quella del momento: una sorta di verità di comodo. La storia vera sta nel mezzo, nelle pieghe, nascosta in quello che spesso non si sa, non si vede, non si dice, oppure, molto semplicemente, non si vuole dire. Magari la stessa verrà raccontata un giorno, quando tutto si è concluso nel bene o nel male, ma non è detto che avremo perso un’occasione. Al bazar invernale strepitano per questo o quel gioiello in vetrina, possibilmente nato nei Duemila e dalle uova d’oro. Il che spesso confligge con le reali esigenze tecnico-tattiche dei singoli allenatori, chiamati a dare equilibrio e a godere di scelte più ampie.
Il mercato si chiude a fine gennaio, e per un lunghissimo mese nessuno dorme. Forse porterà doni un po’ a tutti, come un Babbo Natale in ritardo per un guasto della slitta. E saranno stati bei regali o piccoli pensieri, cianfrusaglie scoperte al banco dell’usato, oppure, ma solo in piccolo saldo, oggetti di marca (ci vuole bravura, certo, ma anche una buona dose di fortuna). A metà stagione, veniamo così riportati al clima estivo, quando “le magnifiche sorti e progressive” avviluppano ogni tifoseria e tutti sognano in grande. Come il proverbiale calabrone, i tifosi fanno finta di non saperlo e volano lo stesso, anche se solo con la fantasia. Del resto, immaginare non costa, spendere invece sì. A tutte e tutti coloro che sperano, e presto dovranno fare di necessità virtù, i migliori auguri di pronta disillusione.
Ah rimanendo in tema di Promessi Sposi, quel ramo del lago di Como volge, con buona pace di Alessandro Manzoni, al pareggio (2-2). Sabato il Pisa, lungo le sponde lombarde, si fa raggiungere dal Como nel tempo di recupero, quel maledetto spazio temporale che parte dal minuto novanta di una gara. Del resto però come conveniva Vujadin Boskov “partita finisce quando arbitro fischia.” A proposito di Como Calcio, in un fine settimana di metà settembre D’Angelo e Taddei in odor di panchina, per fortuna, ripresero armi e bagagli dal Lago e ringraziarono la dirigenza lariana che quel matrimonio non s’aveva da fare, nè domani, nè mai.
Tag: #pisa, #pisasc Last modified: Gennaio 24, 2023