Scritto da 1:07 pm Pisa SC

Fra la via Emilia e il West

PISA – All’indomani della sconfitta di Modena torna la rubrica “Pallone di-pendente” della nostra Chicca e basta così.

Avvilente bensì vero: bimbetti che giocano per strada a pallone mezzi figli di Pier Paolo Pasolini e mezzi fratelli di Mark Lenders col portiere volante e il vale-tutto-anche-la-sponda, oggi non se ne vedono più. Si va – per dirla in pisano – al campino, dove al posto di saper scappare dopo aver rotto un vetro, i bimbi imparano la diagonale, il possesso dal basso, la marcatura a zona.

Lontana l’era delle ginocchia “sbucciate” e delle toppe comprate dalle mamme, quasi in stock, per riparare strappi sui pantaloni rimediati nel tentativo di fermare un gol o un avversario. L’epoca in cui a guardare capannelli di ragazzini giocare sull’asfalto si sarebbero visti emulare quello che allora era una mossa tutt’altro che utilizzata: passo doppio o doppio passo, vale a dire quel tipo di dribbling, o finta, con la quale un calciatore con un piede fa un movimento rotatorio attorno al pallone, mentre con l’altro effettua un leggero tocco in velocità disorientando l’avversario. Se a prima vista può sembrare semplice, per poter ottenere una finta efficace è necessaria un’abilità sopraffina e soprattutto una velocità d’esecuzione che eluda il controllo della retroguardia opposta. È un gesto tecnico antico e immortale come la “rabona” (di Maradona), la “ruleta” (di Zidane), la “pedalada” (dei brasiliani), la “em bicycleta” (rovesciata in cui eccelleva Gigi Riva), giù giù per il Novecento fin al doppio passo.

Specialità eterne, codificate dallo stile, dalla bellezza, dal gusto personale. Leggenda, ma documentata, vuole che il doppio passo sia di invenzione argentina, implementato da alcuni giocatori che hanno contribuito a darne visibilità.

Vederli nella Pisa di fine anni Ottanta, quei doppi passi misti a capitomboli cari solo ai mercanti di toppe, avrebbe significato udire nelle grida dei bambini anche il nome di uno degli ispiratori di quel movimento: Marinus Antonius Been, detto Mario, che lo aveva reso elegantissimo. Oggi il nuovo Been si chiama Olimpiu Morutan. Centrocampista dotato di una tecnica purissima e di un passo, anzi doppio passo, ubriacante fatto in spazi ridotti in grado di scompaginare le difese avversarie, il numero ottanta, con quel movimento di gambe, ha già fatto innamorare la città. Dicono non sembri molto sveglio, complice uno sguardo e un atteggiamento compassati e una parlantina poco frizzante tradita dalla nazionalità – rumena – e da un timbro basso.

Senz’altro poco sveglio è sceso in campo il Pisa sabato a Modena rimediando una brutta sconfitta (1-0). Nel capolavoro di Vittorio De Sica «Ladri di biciclette» i due protagonisti, padre e figlio, vengono superati da un camioncino di tifosi emiliani che si stanno recando allo stadio per assistere alla partita Roma-Modena: quando il piccolo chiede al padre “è una buona squadra il Modena?” quest’ultimo risponde con un cenno del capo e con una smorfia che suggeriscono “niente di che”. Giusto, è niente di che il Modena ma ahinoi, lo sono stati anche i neroazzurri di D’Angelo: timidi, timorosi, confusi.

I milleottocento pisani presenti sugli spalti sono tornati indietro con le tasche vuote, la voce da recuperare, i volti stanchi, tuttavia con l’immagine consolatoria di quei doppi passi – ripetuti – da Morutan (uno in particolare, notevole, a fine primo tempo). In quella «piccola città» è così corsa «la fantasia verso la prateria fra la via Emilia e il West», ripensando ai concerti del tosco-emiliano Guccini. E se tra qualche anno, qualche fortunato dovesse vedere un bimbo giocare tra le piazze e le vie di Pisa e tentare un doppio passo glielo dica pure, non sta imitando solo Mario Been, ma anche Olimpiu Morutan.

Last modified: Marzo 12, 2023
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