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Da Lizst a Schonberg: muovendosi sinuosamente verso l’atonalità

Il primo brano atonale considerato tale non è del massimo esponente dell’atonalità, Arnold Schoenberg, ma di Franz Liszt, Bagatelle sans tonalité (1885). Il titolo stesso dell’opera indica già una sperimentazione e anche una certa ironia. Il genere della bagatella è un tipo di composizione, popolare nel Romanticismo, di carattere leggero, con un ritmo agile, uno spirito ottimista e una breve durata.

di Carlos Acosta

Il termine deriva dal francese bagatelle, una cosa di poca importanza o valore. Con la sua “bagatella senza tonalità” Liszt sembrava dire: “Ho composto una sciocchezza senza senso”, come se non dovesse essere presa troppo sul serio.

Era comprensibile. Liszt, che è anche considerato il primo musicista idolo delle masse (gli storici hanno coniato il termine lisztomania), negli ultimi anni della sua carriera si stava addentrando sia nell’atonalità che riti cattolici di grande devozione e misticismo. Richard Wagner, il grande compositore germanico del XIX secolo, il più importante della sua generazione, disse alla moglie Cosima, figlia illegittima di Liszt, che il compositore romantico per eccellenza “sembrava mostrare segni di follia”. È curioso che sia morto un anno dopo la prima della sua bagatella. Così, con uno scherzo, la vita di Liszt si concluse e allo stesso tempo iniziò ufficialmente il cammino verso l’atonalità.

Che cos’è dunque la musica atonale?

La definizione di atonalità è negativa. È definita da ciò che non è. Un’opera atonale è semplicemente un’opera non tonale. Tale truismo non è così ovvio se si considera che ciò che è atonale non ha un linguaggio armonico concreto. Seguendo questa definizione, sarebbe necessario definire cosa sia la tonalità. Va da sé che, in musica, ciò che è tonale o atonale non è perfettamente stabilito. Nel XVII secolo tutti i compositori erano vicini a quella che noi intendiamo come tonalità, ma alla fine del XIX secolo hanno preso la strada opposta, allontanandosi da essa e generando una scia grigia di composizioni molto difficili da classificare. Il fatto che un’opera non sia perfettamente tonale non significa che sia completamente atonale.

Non si debe credere che la tonalità sia tutto ciò che precedeva ciò che si cominciò a fare alla fine del XIX secolo, come tutta la pittura prima del XX secolo, che era figurativa. Se ci chiediamo cosa l’Accademia intenda per tonalità, dovremmo riassumere due processi o criteri in base ai quali si compone un’opera, che vengono ripetutamente soddisfatti nel corso dei secoli XVI e XIX. Se questi due assi vengono rispettati, ci troveremmo di fronte a un’opera canonicamente tonale:

(i) l’uso di scale maggiori e minori (scale di 7 note che si differenziano per il fatto che la distanza tra la prima nota e la terza è di due toni interi o di un tono e un semitono) che definiscono la tonalità generale del brano, cioè quali note devono essere presenti e quali no, e non le cosiddette scale modali;

ii) ognuna delle note di queste scale genera accordi, che chiamiamo gradi, basati su armonie di terze sovrapposte (per generare un accordo da una data nota, si devono fare salti, o intervalli, di tre note da essa: I – III – V, per esempio, Do – Mi – Sol  sarebbe l’accordo che chiamiamo Do maggiore). Prima del XVI secolo non si usavano scale maggiori e minori. Si usavano invece i cosiddetti modi ecclesiastici, conosciuti anche come modi greci perché erano quelli usati nella Grecia Classica (frigio, dorico, lidio, eolico…). Queste scale modali non possono essere definite, come abbiamo detto, maggiori o minori, e quindi per questo motivo non si può dire che questa musica fosse appunto tonale.

Cosa accadde dunque nella seconda metà del XIX secolo? Successe che Liszt, e anche altri compositori di grande importanza in quel periodo, come Debussy, Ravel, Skriabin o Satie, ricominciarono a usare i vecchi modi ecclesiastici o greci, recuperati dal passato. Cominciarono a comporre opere in Do lidio o in Fa dorico, invece che in Do maggiore o in Fa minore. Queste opere erano modali, e quindi non tonali, ma concettualmente erano molto lontane dalla musica che Schoenberg avrebbe realizzato in seguito. Ma questo era il punto di partenza. Dopo, i compositori aggiunsero ai loro repertori dei modi (scale modali) che si allontanavano da quelli greci.

Era l’inizio della globalizzazione. Le esposizioni universali portarono in Occidente le scale utilizzate in altre parti del mondo, che furono accolte con grande interesse. Parigi 1889 fu famosa per l’inaugurazione della Torre Eiffel, ma anche perché lì Debussy ascoltò per la prima volta il gamelan giavanese e la musica di una compagnia vietnamita, che gli mostrarono la ricchezza musicale della vita in altre parti del mondo e lo incoraggiarono ad avventurarsi in luoghi compositivamente inesplorati. È lì che Gauguin entra in contatto con le meraviglie dei Caraibi, che trasformeranno la sua pittura e il suo certificato di residenza. Lì si entrò in contatto con la scala pentatonica (scala di 5 note anziché 7), che ebbe un impatto molto profondo in Francia e che finirà per avere un posto centrale in un genere del XX secolo: il jazz. Allo stesso tempo, cominciarono ad emergere scale con strutture diverse, come la cosiddetta scala per toni interi (senza semitoni) o la scala ottatonica (8 toni).

Allo stesso tempo, si metteva in discussione anche il secondo asse della tonalità, creando armonie non basate su intervalli di terza. Cominciarono a comporre sulla base di accordi di seconda, quarta, sesta… In un’armonia quartale, l’accordo di Do non sarebbe più Do – Mi – Sol (I – III – V), ma Do – Fa – Si (I – IV – VII). Questo, grosso modo, è ciò che fece Liszt nella sua Bagatelle sans tonalité. E dopo di lui, Debussy compose il Prélude à L’aprés-midi d’un faune (1892 – 1894), basato su una poesia di Mallarmé, nella cui partitura utilizza la scala tonale intera, o Satie con le Gymnopédies e il suo Le fils des étoiles (1891), dove compone sulla base di accordi di sei note. Quello fu l’inizio di tutto.

    Qualche decennio più tardi, Schoenberg e i suoi discepoli, il gruppo noto come Seconda Scuola Viennese, avrebbero operato una rottura molto più radicale e violenta con la tonalità, per la quale sarà ricordato come il guru di questa deriva musicale. Ma la sua rivoluzione sarebbe stata impossibile senza quei primi piccoli passi dei grandi compositori dell’Ottocento.

Last modified: Febbraio 14, 2024
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