Nel quarto episodio della seconda stagione de I Soprano, intitolato “Commendatori“, Tony Soprano, Pauli e Christopher si recano a Napoli. La vendita di auto di lusso rubate è la scusa per visitare la terra dei loro antenati, quella che non conoscono e alla quale credono di appartenere. Lì si rendono conto che tutto ciò che sembra sacrilego per le loro radici nel New Jersey è in sostanza ciò che li definisce veramente. Lì c’è Pauli Gualtieri che chiede di scambiare i suoi spaghetti con le cozze con degli spaghetti al ketchup. Alla fine della modesta Eneide di Tony Soprano sul Golfo di Napoli, la capofamiglia camorrista, Donna Annalisa, lo porta a discutere dei loro affari in una grotta scavata vicino al Lago d’Averno e alla costa Misena.
di Carlos Acosta
Donna Annalisa gli racconta la storia. Era la dimora di un oracolo: la Sibilla, molto importante all’epoca in cui l’Italia era Grecia, e Napoli (o Neapolis) faceva parte della Magna Grecia, una regione a tutti gli effetti dell’Antica Grecia, corrispondente a tutta l’attuale Italia meridionale. La grotta, chiamata all’epoca “antrum”, faceva parte del tempio di Apollo in quella che era la città di Cumae, il primo insediamento greco nella penisola. Era quindi la Sibilla di Cuma. La sua grotta era un luogo di pellegrinaggio per i greci desiderosi di spoiler biografici per i quali Delfi era lontana. La Sibilla di Cuma era, infatti, il cosiddetto oracolo di Roma.
È una delle poche vestigia rimaste oggi di quella splendida città, epicentro del commercio via mare, sia all’interno della penisola sia direttamente con l’Ellade. Dona Annalisa vi porta Tony, in una dimostrazione della cerimonia del afare camorrista, con l’intenzione di dargli la chiaroveggenza necessaria per accettare le sue condizioni. Lei vuole che lui veda, ma quel padre di famiglia in tuta da ginnastica dall’altra parte del ponte di Brooklyn non vede nulla.
È interessante la facilità con cui I Soprano distruggono i miti leggendari sotto la dittatura del denaro e della spavalderia. La Sibilla ha il suo principale riferimento letterario in Virgilio. Nell’Eneide, nel canto VI, l’eroe greco va a visitare la Sibilla di Cuma. È chiamata “la casta”, “la frenetica”, “la terrificante”. Ella guida la sua discesa agli inferi, così come lo stesso Enea guida la discesa agli inferi di Dante nella Divina Commedia, dove anche Virgilio funge da faro spirituale. Certo, se si è pignoli sull’accuratezza storica, è meglio trascurare il fatto che la fine della guerra di Troia, da cui Enea parte per il Lazio con lo scopo non troppo modesto di illuminare il popolo romano, avviene (teoricamente) nel XII secolo a.C., e la fondazione di Cumae avviene nel IV secolo a.C. O Enea è stato in giro per la penisola per 400 anni, o Virgilio si è preso quella che si potrebbe definire un’importante licenza artistica.
Sibilla era un termine greco per indicare le profetesse illuminate da Apollo. Quella di Cuma era chiamata Demo. La leggenda narra che nella sua grotta scrisse i libri sibillini (la parola deriva, infatti, da queste profetesse), rotoli in cui Demo registrava le sue premonizioni. In seguito, li vendette al leggendario re di Roma Lucio Tarquinio il Superbo per un prezzo esorbitante. Oltre a essere un’indovina, era anche un’ottima venditrice. Ma il male paga sempre in tutte le leggende e quando la Sibilla, una donna bella, esuberante e intelligente, pretese che Apollo vivesse fino a quando avrebbe potuto tenere granelli di sabbia in una mano, Apollo la condannò a vivere per secoli sotto forma di vecchia decrepita.
Per questo Michelangelo, che le ha riservato un’importante nicchia nella Cappella Sistina, proprio al centro della parete sopra il trono papale, l’ha dipinta con le braccia forti di un lottatore e la testa nana di una vecchia. Sta fissando con difficoltà e furiosa attenzione un grande libro rilegato in verde. È lo sguardo e la testa di una profetessa invecchiata. Lo stesso Vasari ha espresso per iscritto la sua passione per la Sibilla Cumana di Michelangelo. Ci sono diverse ragioni per cui la Sibilla appare nel suo capolavoro. Come abbiamo detto, è lei che conduce Enea nell’Ade, ed è lì che l’eroe scopre la futura nascita di Roma. La Sibilla, quindi, ebbe una notevole importanza storica per i regni italici del Rinascimento. All’epoca si credeva ciecamente che avesse profetizzato la venuta di Gesù e anche l’incoronazione a Papa di Giulio II, contemporaneo di Michelangelo e sommo pontefice durante i lavori di decorazione della volta più famosa del mondo.
Un viaggiatore occasionale amante dell’archeologia che visita la zona di Napoli è probabile che lo faccia per tutto ciò che si trova oltre il Vesuvio. Tuttavia, non è una cattiva idea lasciare che la marea di turisti scivoli tra le stradine di Pompei, mentre ci si dirige nella direzione opposta, oltre Posillipo, per visitare la grotta della Sibilla Cumana. E se non per l’archeologia, perché ama la televisione.
Last modified: Marzo 8, 2024