Written by 7:04 am Pisa SC

Ricomincio da te

PISA – C’è amarezza nella sconfitta a Cosenza in tutto l’ambiente nerazzurro e c’è amarezza anche nelle riflessioni della nostra Chicca all’interno della rubrica “Pallone di-pendente”, che rimarca ancora una volta come l’amore verso il Pisa deve prevalere soprattutto in questi momenti difficili.

“Che noia che barba, che barba che noia”, proprio alla Sandra Mondaini non c’è niente di peggio di un piovoso weekend primaverile senza campionato passato tra le coperte, a muovere in modo esagitato le gambe.

Registro, con raccapriccio, che la pausa di campionato non ha annoiato soltanto me, bensì tanti altri tifosi, che nei giorni della settimana di stop hanno cercato di dare un senso a troppe pagine cartacee e web da riempire: si è sopportato la disperazione dei canali televisivi che hanno mandato in onda tetre repliche di match del passato, si è subito la martoriante sfilza dei selfie dei calciatori nel week end concesso loro di riposo, si sono sprecate le interviste alle vecchie glorie bollite, si sono moltiplicati gli articoli e i commenti sui social, si è tentato persino di sostenere che la qualificazione della Nazionale a Euro 2024 fosse interessante.

In cadetteria le soste sono state introdotte soltanto qualche anno fa, prima si chiedeva il rinvio ad hoc solo in caso eccezionale di convocazioni di massa. In momenti come questi, ogni allenatore, a seconda della squadra e della categoria, ha un suo ritornello pronto uso.

Ci sono quelli che «la pausa per le nazionali arriva giusta giusta per recuperare le forze e lavorare» e quelli che «peccato fermarsi quando si sta viaggiando a pieno ritmo». Nel caso del Pisa, la nuda e cruda verifica dei fatti dice che la temutissima sosta per l’Italia, incide in modo alterno sul rendimento. Cioè tendenzialmente non abbatte chi stava marciando e non rigenera chi stentava. È tutto documentato dalla fredda potenza didascalica dei numeri.

È una sorta di lente, un filtro dentro al quale si possono riconoscere alcune parti costituenti del dna di una squadra; è anche da come si riprende un cammino dopo due settimane senza pallone che si possono interpretare alcuni aspetti essenziali, fino a qualificarne il lavoro svolto proprio lontano dalla competizione. Volenti o nolenti, i risultati passano dai giocatori e dalle intenzioni. La sosta esiste, gli alibi no. La premessa serve per introdurci al tema della partita disputata – e persa 1-0 – dal Pisa in Calabria contro il Cosenza.

Troppo spesso un gol preso ci piega le gambe e ci pone nella condizione dello sciatore che più prende velocità e più ha paura di cadere e si butta indietro con il corpo sbagliando posizione e atteggiamento. La verità è che pure sabato era importante. La verità è che pure un match che sembra piccolo rispetto ad altri, se sei del Pisa ti dà emozione e se dici «va be’ in fondo è una stata una partita storta» lo fai solo per esorcizzarti una delusione.

Al campionato serve un Pisa che faccia il Pisa. Una di quelle squadre che possono vincere con tutti, una delle sorelle minori che entrano ed escono dal gruppo delle migliori per ricostruirsi di volta in volta. Non piacerà ai tifosi, tuttavia è questo forse il suo destino, ed è un destino nobile. Un ruolo da giocarsi con attenzione, con dedizione, con forza. Il calcio è fatto soprattutto di squadre che alla fine non vincono, eppure rendono tutto più interessante. Il Pisa probabilmente è una di queste ed è una bellezza. Ed è stata una bellezza anche vedere tanti pisani sugli spalti che hanno macinato centinaia di chilometri per esserci; in primis, il gruppo dei Pisani a Roma, esordienti proprio a Cosenza con lo striscione. Hanno tifato incessantemente, convinti di centrare la vittoria prima, con la speranza di rimediare almeno il pareggio dopo, fiduciosi nel futuro alla fine, come testimonia l’applauso finale.

Dunque ricomincio da qui, ricomincio da te, dalla maglia ma anche da gran parte di quello che c’è dentro e non si dica «una parola che non sia d’amore» fedele alla linea come i CCCP e il ritornello della loro canzone. O come direbbero gli U2: che altro, «in nome dell’amore»?

Last modified: Aprile 5, 2023
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