PISA – La rubrica “Pallone di-pendente” curata ormai dalla nostra Chicca è dedicata doverosamente al personaggio copertina del Pisa, il personaggio del momento, che con il suo coraggio e attaccamento sta trascinando il Pisa, anche se venerdì sera con la Spal non ci sarà: Gaetano Masucci, detto Tano che a Brescia ha evitato quella che sarebbe stata una sicura sconfitta.
L’uomo per natura è portato a sperare, il tifoso del Pisa ha fatto sua questa evidenza e l’ha portata al paradosso, alla follia, all’amore. Quasi sperare contro ogni speranza, se la citazione è lecita. Non si può vivere appunto senza speranza, diceva il grande poeta. E Tano non vive più di un minuto senza lei. Tano si chiama Masucci.
Anche per questo, t’amo, o pio Masucci; e mite un sentimento. Di vigore e di pace al cor m’infondi. O che solenne come un monumento. Tu guardi i campi liberi e comandi. Il rimodulato pio bove carducciano diviene qui l’attaccante neroazzurro, un calciatore di quelli che non ne fanno più, démodé rispetto all’andazzo del calcio contemporaneo. Il démodé ora si chiama vintage e tutto sembra più accattivante. Ed è accattivante pure il suo modo di giocare che sembra arrivare da un’altra epoca. A volte però il suddetto aggettivo supera il contemporaneo e si trasforma in avanguardia.
Lo vedi in campo e capisci tutto: il calcio è questo qua ed è la differenza con quelli che tirano due calci a un pallone. Merita lodi, fanfare e stelle filanti. Nel cammin di sua vita, lo sgambettano, cade, si rialza, incespica, cade di nuovo, si rialza ancora, non frigna, non simula, non bisticcia e anzitutto fa gol: pesantissimi.
«Ognuno, nella vita, ha diritto a un quarto d’ora di celebrità», sentenziava profeticamente Andy Warhol. A Tano Masucci i quindici minuti sono bastati per subentrare al (solito) sessantesimo, segnare e marchiare personalmente a fuoco il pareggio del Pisa a Brescia (1-1). Ripartiamo dal suo gol e sull’onda dell’entusiasmo generato dall’aver pescato il pareggio da un’urna che conteneva quasi esclusivamente palline con scritto «hai perso» concentriamoci sull’ultima partita di campionato.
E che gli dei (tanto cari a D’Angelo) del calcio pongano gli occhi sull’Arena; dalla parte giusta, però. Perché al numero ventisei brucerebbe maledettamente un congedo dal calcio senza playoff: anche per lui proviamo quindi a scrivere un finale differente. Alzi la mano chi, a partire dall’istante esatto del triplice fischio di Brescia e delle altre partite delle avversarie concorrenti, non sta facendo i conti con frequenti tachicardie, salivazioni azzerate e sudori freddi di fantozziana memoria.
L’ansia e l’adrenalina crescono di giorno in giorno, di ora in ora, persino di minuto in minuto e venerdì sera toccheranno il loro apice durante la sfida contro la Spal. Ecco dunque un piccolo decalogo per cercare di gestire sensazioni e stati d’animo in realtà ingestibili: qualche consiglio che ha l’arduo (si legga pure: impossibile) compito di non farvi pensare alla partita almeno per una decina di secondi consecutivi, o quanto meno per pensarci senza rischiare di perdere i sensi.
Leggete un buon libro. Però magari prima assicuratevi che non contenga le parole canali (Venezia) o statue di bronzo (Reggio Calabria). O ancora guardate un bel film. Però magari prima assicuratevi che non sia di Benigni (Palermo). Oppure mangiate una buona pietanza. Però magari prima assicuratevi che non siano olive (Ascoli). L’unico consiglio serio è il seguente: non c’è verso di liberarsi di questo magone di emozioni, paure, attesa, terrore. Tenetevelo, teniamocelo: è il prezzo da pagare per essere qui, a giocarci i playoff. Non ve ne libererete. Perciò fate una cosa: preparatevi a tifare Pisa con tutto il cuore, come se doveste scendere in campo voi stessi. Piangete, esultate, imprecate, consumatevi le unghie e tremate a seconda delle circostanze. Soprattutto – prima, durante e dopo la partita – applaudite e gridate «forza Pisa!».
Last modified: Maggio 17, 2023