Scritto da 7:20 am Green Talk, Attualità, Pisa

Sostenibilità ambientale: parliamo di greenwashing

PISA – Nell’ultimo articolo abbiamo parlato con Francesca Braca di sostenibilità ambientale e di come questa si possa monitorare e misurare grazie allo studio LCA.

di Giulia Cecchi

Vale la pena ricordare che la sostenibilità è un concetto attualmente sempre più importante e strategico sia per tutti gli operatori economici che agiscono nelle diverse catene di valore settoriali sia per tutti gli aspetti che toccano la sfera privata delle persone. Va da sé che quando si parla di sostenibilità ambientale ci si rivolge principalmente alle imprese e la misura della sostenibilità ambientale è quindi di fondamentale importanza per avere una valutazione concreta dell’impegno e dell’attenzione ai vari aspetti della sostenibilità da parte di un’organizzazione, in relazione alle proprie attività nel complesso o ad uno specifico prodotto/servizio. Tale misura necessita di metodologie comuni, come detto nel precedente articolo, e di garanzie di validità per evitare l’attuazione e la propagazione di pratiche “sleali”, che tendono a definire come eco-sostenibili alcune attività che mettono in luce gli effetti ambientali positivi occultando allo stesso tempo eventuali impatti negativi.

Qui iniziamo a parlare di greenwashing, che sicuramente avrete letto o sentito in diverse comunicazioni legate alla sostenibilità.

Oggi ho parlato con il Dottor Iacopo Cerri, che lavora in ARCHA da dieci anni e si occupa di tutti gli aspetti, anche normativi, in ambito Ambiente e Sicurezza.

Ciao Iacopo, grazie mille per il tuo tempo! Oggi parliamo di greenwashing. Mi dai una definizione?

Ciao a te Giulia, ben trovata! Per darti una definizione partirei dalle basi. Con il termine greenwashing si intende la tecnica di comunicazione o di marketing che tenta di “vendere” prodotti e comportamenti a basso impatto ambientale, accendendo i riflettori su azioni che in realtà non sono autentiche, ma promosse al solo scopo di mostrarsi più “sostenibili”. Il termine deriva da un neologismo tra le parole “green” e “whitewash”(insabbiare, nascondere qualcosa), che in senso traslato rappresenta quindi un termine che designa l’uso di informazioni fuorvianti per comunicare le proprie prestazioni in termini di sostenibilità. In poche parole “dipingere di verde” (quindi appunto green) qualcosa che si sostenibile ha ben poco. Mettere una patina verde su azioni non chiaramente sostenibili”.

Perfetto, chiaro. Avevo letto tempo addietro che in realtà il termine non è nuovo, ma è stato usato per la prima volta diversi anni fa, è così?

Sì, proprio così. Il termine venne usato per la prima volta intorno agli anni ’60, quando alcune industrie alberghiere iniziarono ad appendere nelle camere degli avvisi per chiedere agli ospiti di riutilizzare gli asciugamani, a salvaguardia dell’ambiente, evitando quindi inutile spreco di acqua e dispersione di detersivi. In realtà venne poi scoperto che, in quel momento storico, l’obiettivo degli hotel era semplicemente quello di beneficiare di minori costi di lavanderia, risparmiare quindi sui frequenti lavaggi”.

Non la sapevo questa storia! Beh, però effettivamente lavando meno gli asciugamani si poteva evitare davvero uno spreco di acqua, evitando anche utilizzo intensivo di saponi… perché invece viene definito come ingannevole?

Dici bene Giulia, però come accennavo ho sottolineato il contesto storico in cui questo fatto è avvenuto. Certamente, se visto con gli occhi di ora, quella pratica portata avanti dall’albergo è sicuramente a favore di un minor impatto ambientale, ma ricordo che per gli alberghi il vero motivo di tale richiesta era semplicemente per risparmiare sulle spese di lavanderia. Avevano quindi un tornaconto economico e molto probabilmente nessun occhio davvero attento nei confronti della sostenibilità

Ah, ora ho capito. Quindi in verità un pizzico di verità qualche volta c’è anche nelle comunicazioni definite come greenwashing.

Sì, il greenwashing è proprio questo: un pizzico di verità, qualche volta neanche quello, per dare un tocco green ad un aspetto non proprio sostenibile”.

Ma è possibile riconoscere “ad occhio nudo” il greenwashing?

Normalmente la comunicazione ingannevole presenta le seguenti caratteristiche:

• Non vi sono informazioni o dati che supportino quanto dichiarato;

• Informazioni e dati che vengono dichiarati come certificati, ma non sono riconosciuti da organi accreditati;

• Informazioni generiche con possibilità di confusione nei consumatori;

• Utilizzo di etichette false o contraffatte;

• Affermazioni ambientali non vere.

Le pratiche di Greenwashing comportano vari rischi, tra i quali spiccano la perdita di fiducia da parte dei consumatori e l’aumento di potenziali rischi di natura non finanziaria (i cosiddetti parametri “ESG”) in ottica di investimenti da parte di finanziatori privati o pubblici. Perdi di credibilità, oltre che molto probabilmente nel futuro verrai anche sanzionato economicamente…

Quindi ci potranno essere nel futuro sanzioni di vario tipo se pratichi il greenwashing?

Ci sta lavorando l’Unione Europea. Infatti, ai fini di combattere queste pratiche sleali e garantire la corretta comunicazione delle prestazioni e dell’impegno di ciascuna organizzazione nel ramo della sostenibilità, l’Unione Europea ha intrapreso nel tempo diverse azioni mirate con l’obiettivo di regolare le pratiche di misura e comunicazione della sostenibilità e di garantire a consumatori, investitori ed altri stakeholder l’effettivo impegno messo in pratica dalle aziende”.

Riesci a citarmene alcune?

Sono molto tecniche Giulia. Posso anticiparti che le azioni messe in campo in tal senso riguardano proposte di regolamento sulla tutela del consumatore dalle pratiche di greenwashing;proposte relative alla progettazione ecocompatibile; il Bilancio di Sostenibilità diventerà obbligatorio per quasi tutte le realtà aziendali fino ad arrivare alle PMI nel 2026; un nuovo regolamento definito anche “Tassonomia UE”, che prevede una classificazione comune a livello Europeo delle attività economiche che possono essere considerate sostenibili dal punto di vista ambientale. Vorrei ricordare anche l’importanza per le aziende di adottare sistemi di gestione ambientale (ISO 14001 o EMAS) che permettono, previo ottenimento della relativa certificazione, di assicurare un impegno continuo in ottica della sostenibilità ambientale”.

Aspetta aspetta… sono cose molto tecniche. Quindi davvero la sostenibilità ha basi scientifiche… però sono argomenti complessi da trattare in una sola volta…

Esatto, qui si entra in un tecnicismo che è davvero complesso descrivere in maniera semplice. Vorrei però focalizzare l’ultimo punto sulle etichettature ambientali certificabili… se vuoi ne parliamo anche nel prossimo articolo, potresti chiamare per questo aspetto il collega Andrea Marchetti

Sì, Andrea sicuramente potrà darci un aiuto sugli aspetti relativi alle etichettature ambientali, di cui anche io ho sentito parlare ultimamente. Però Iacopo, prima di lasciarci, vuoi anticiparmi qualcosa? 

Sì volentieri. Le etichettature ambientali certificabili sono normate dallo standard tecnico ISO 14020. Le etichette possono essere di vario tipo, ma quelle più efficaci in ottica di lotta alle pratiche sleali sono quelle che prevedono una necessaria certificazione e validazione dei dati e delle metodologie utilizzate e dei risultati ottenuti prima di ottenere il rilascio dell’etichetta. Però veramente questo argomento merita un approfondimento a parte, quindi ne parliamo nel prossimo articolo”.

Perfetto Iacopo e grazie ancora per il tuo tempo e alla prossima!

Last modified: Giugno 29, 2023
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