PISA – E siamo a quattro sconfitte consecutive. Un ruolino di marcia a cui i tifosi pisani in questi ultimi anni erano poco abituati. La nostra Chicca fa un analisi a mente fredda sulla situazione attuale del Pisa nella nostra rubrica “Pallone di-pendente”.
L’insostenibile pesantezza dell’essere (così fragili)
Il giorno che sarà scientificamente provata e percentualmente quantificata l’incidenza che la condizione mentale ha sui risultati di una squadra sportiva, i presidenti si sveneranno per costruire intorno alle proprie squadre una struttura di professionisti che, in accordo con l’allenatore, dovranno provvedere a far togliere le nubi dall’orizzonte di ciascun giocatore. E non si tratta di lasciarsi ammaliare dal pifferaio magico. Nessuno psicologo o mental coach potrà convincere nessuno a fornire prestazioni calcistiche, ad esempio, superiori a quelle di Messi.
Si tratta semplicemente di far sì che ogni atleta possa convogliare le energie sull’obiettivo. Più uno riesce a essere concentrato sul proprio obiettivo – che sia quotidiano, per l’allenamento, settimanale, per la partita, o annuale, per la stagione – maggiori saranno le possibilità che quell’obiettivo sarà raggiunto. La somma di tutte queste capacità dà come risultato la cosiddetta mentalità vincente. Penso che il Pisa sarà la prima squadra di pallone del mondo a introdurre fra gli effettivi in panchina la figura dello psicologo sul campo. Qualche professionalità del genere è senz’altro disponibile per i giocatori presso qualche centro sportivo di qualche società, ma per noi ci vuole proprio uno che venga apposta per il giorno della partita, durante l’incontro, che affianchi gli atleti nei novanta minuti. Serve davvero uno bravo per capire questo Pisa. Anche D’Angelo è sembrato spaesato nell’individuare il problema della sua squadra che, nel girone di ritorno, continua ad avere una costante: l’incostanza. Quando è chiamata a fare il salto di qualità, troppo spesso, si perde. Per quale motivo l’evento si verifichi ciclicamente, attiene alla sfera dei misteri. O meglio, a quanto la questione sia di difficile comprensione all’esterno, a meno di non cadere nella facile tentazione dello slogan su attributi. Senza nutrire pretese assolutistiche, il tentativo di risposta che più sembra avvicinarsi ai fatti risiede nell’anima fragile di un gruppo che accetta passivamente l’ineluttabilità di certi risultati. Sabato contro la neopromossa Frosinone, il Pisa ha mostrato ancora una volta una fragilità difensiva che nasce prima di tutto dalla sua fragilità psicologica, principale nemica che lo ha portato a giocare sui nervi, sbagliando i tempi delle giocate, delle uscite, delle pressioni, dei passaggi. Fino a far perdere la natura offensiva della squadra, tanto da diventare un’accozzaglia di giocatori, che hanno puntato all’attacco non sapendo difendere. Buona volontà, poca qualità, uomini contati, oltreché stanchi, i ragazzi hanno aggiunto un atteggiamento dimesso, tipico di chi ha paura che accada qualche cosa di negativo; favorendo i motivi che poi lo hanno fatto accadere. Il Pisa, ridotto ai minimi termini, ha fatto quel che ha potuto: poco. È finita come era ampiamente prevedibile: ha vinto il Frosinone (1-3), sfruttando errori grossolani. La foto della classifica attuale, quando mancano appena due giornate alla fine del torneo, suona come una sentenza.
Alla fine di quel pomeriggio strano, magari sbagliato, nella sconfitta senza innocenti in campo, c’è una cosa che appare più chiara delle altre: mettetela come vi pare, anche dopo la quarta sconfitta consecutiva, contestazione o no, presenza o assenza, se sei del Pisa non potrai in nessun modo smettere di esserlo. Ed è un onore. Il Pisa rimane unico. Splendido anche se fragile. Magico anche se incompiuto. Spesso si tende a caricare di significati negativi ogni sconfitta ben più del valore concreto che quella sconfitta ha determinato.
In pratica, perdendo una partita ci si appresta a perderne già un’altra. Così come, sull’onda dell’emotività, il circolo virtuoso ti porta a farti sentire vincente solo perché hai cominciato a vincere. È lì che D’Angelo adesso deve puntare con forza per ottenere più ottimismo intorno alla sua squadra. L’allenatore sa che il dilagare del pessimismo nell’ambiente è l’avversario più temuto per provare a vincere le ultime due partite. E per evitare questa prevalenza del pessimista – che è un po’ la rielaborazione della «prevalenza del cretino» di Fruttero & Lucentini – il mister dovrebbe ricordare a tutti i passi (importantissimi!) fatti fino a oggi. Citando spesso il paradosso per cui si trema all’idea di uscire dalla zona playoff e ci si dimentica che il Pisa è salvo. Un ottimista partirebbe da questo. Un pessimista, pure un cretino, no.
Last modified: Maggio 8, 2023