Quando il valore dell’oro sale, ci si aspetterebbe che chi lo utilizza come garanzia ne tragga un beneficio. In realtà, nel circuito del credito su pegno, l’aumento del prezzo del metallo può produrre l’effetto opposto.
Un episodio recente, avvenuto in un banco dei pegni italiano, mostra come un contratto nato per fornire liquidità temporanea possa trasformarsi, attraverso rinnovi e interessi, in un debito crescente, più difficile da chiudere proprio nel momento in cui l’oro vale di più.
di Emilia Beria d’Argentine
È il 14 dicembre 2024. Il prezzo dell’oro è di 81,52 euro al grammo. Vengono consegnati presso un banco dei pegni una collana, un anello, un bracciale e cinque orecchini, tutti in oro 18 carati con diamantini, per un peso complessivo di 33,70 grammi. Il valore di stima complessivo è di 1.600 euro e al cliente vengono erogati 1.300 euro in contanti.
Il contratto prevede una durata annuale, con scadenza al 12 dicembre 2025, e rinnovi trimestrali. A ogni rinnovo è dovuto il pagamento di una rata di circa 70 euro, variabile in base al TAEG, che oscilla tra il 23 e il 24 per cento.
Alla scadenza, dietro restituzione dell’importo anticipato di 1.300 euro, il cliente potrà riscattare i beni. Le rate trimestrali, tuttavia, non sempre vengono pagate puntualmente dal cliente; in caso di ritardo, viene applicata una mora.
Si arriva così al 12 dicembre 2025. Il cliente non è riuscito a pagare le ultime rate e non dispone della liquidità necessaria per riscattare i beni. Torna quindi al banco dei pegni con l’obiettivo di evitare la perdita dei gioielli. Su indicazione dell’impiegata, sceglie di procedere con una rivalutazione del pegno.
Nel frattempo, da febbraio dello scorso anno il prezzo dell’oro è salito a 117,80 euro al grammo: la nuova stima porta il valore complessivo da 1.600 a 2.000 euro, con un conseguente aumento dell’importo finanziabile da 1.300 a 1.600 euro.
A questo punto il cliente ha due possibilità: mantenere il valore iniziale e continuare a pagare le rate trimestrali di 70 euro, proseguendo con rinnovi, oppure accettare la rivalutazione, ottenere una nuova erogazione netta di 200 euro in contanti detratte le rate arretrate e le spese e affrontare una quota trimestrale più elevata, che sale a circa 85 euro.
La scelta viene presa rapidamente: accettare la rivalutazione. Viene quindi stipulato un nuovo contratto di pegno che incorpora il debito precedente, gli interessi maturati e il nuovo valore del metallo. Formalmente, l’operazione appare vantaggiosa: il pegno viene rinnovato, i gioielli non vengono persi e il cliente ottiene nuova liquidità.
In concreto, però, il debito complessivo aumenta, così come l’importo delle rate future. Di conseguenza, la possibilità di riscattare i beni si allontana ulteriormente.
Il tasso di interesse applicato, espresso su base annua e conforme alla normativa sul credito su pegno, incide progressivamente sull’operazione, soprattutto quando il contratto viene rinnovato più volte. Ogni rinnovo prolunga la durata del debito e ne accresce il costo complessivo.
Il punto critico non è la legittimità dello strumento, che resta regolamentato e diffuso, ma la sua sostenibilità nel tempo. In questo caso, la rivalutazione dell’oro — passata da 81 a quasi 118 euro al grammo — anziché facilitare l’uscita dal contratto, diventa il presupposto per un nuovo impegno finanziario, più oneroso e con scadenze che si allontanano.
Il risultato è un paradosso: più l’oro vale, più diventa difficile riscattarlo. Non perché il bene perda valore, ma perché il meccanismo del credito su pegno trasforma una garanzia temporanea in un debito che cresce nel tempo.
Questa dinamica non riguarda casi isolati, ma rappresenta un rischio strutturale quando il pegno viene utilizzato non come soluzione straordinaria, bensì come risposta reiterata a una difficoltà di liquidità.
In questo contesto emerge una distinzione spesso trascurata: l’oro utilizzato come garanzia nel credito su pegno risponde a una logica di emergenza, mentre l’oro detenuto come investimento o riserva patrimoniale risponde a una logica opposta, orientata alla conservazione del valore nel tempo.
Confondere questi due piani può trasformare una tutela in un costo crescente.
Fonti
AGI – Credito su pegno e aumento dei volumi nei periodi di crisi
https://www.agi.it/economia/news/2020-08-05/pi-italiani-usano-credito-pegno-compro-oro-9341437/
Bancaria – An Empirical Analysis of the Gold (Pawn) Shops Users in Italy
https://bancaria.it/en/livello-2/forum-papers/an-empirical-analysis-of-the-gold-pawn-shops-users-in-italy-2/
LabParlamento – Gli italiani in fila al Compro Oro e al Banco dei Pegni
https://www.labparlamento.it/covid-gli-italiani-in-fila-al-compro-oro-e-al-banco-dei-pegni/
6Wresearch – Italy Pawn Shop Market: dati storici e trend
https://www.6wresearch.com/industry-report/italy-pawn-shop-market


















