Written by 5:47 pm Pisa, Attualità, TOP NEWS HOME PAGE

Neuroscienze e Compassione: la nuova frontiera del fine vita

Aperte le iscrizioni per il Corso di Perfezionamento “Fine vita: Stati di coscienza, Antiche tradizioni e Nuove Terapie” 2025/26 dell’Università di Pisa

PISA – Sono aperte le iscrizioni per il nuovo anno accademico 2025-2026 del Corso di Perfezionamento “Fine vita: Stati di coscienza, Antiche tradizioni e Nuove Terapie”, l’iniziativa pionieristica avviata nel 2023 dall’Università di Pisa che, in collaborazione con l’Istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia, sta rivoluzionando l’approccio all’accompagnamento nella fase terminale della vita.

“Viviamo in un’epoca in cui la tecnica ha colonizzato persino l’ultimo respiro, trasformando la morte in un evento medicalizzato, asettico, spogliato di quella sacralità che per millenni ha caratterizzato il passaggio più misterioso dell’esperienza umana. Eppure, proprio quando sembrava che il nichilismo tecnologico avesse definitivamente espunto l’anima dal suo ultimo rifugio, questo percorso formativo si propone di restituire alla morte la sua dignità ontologica. Non si tratta di contrapporre scienza e spiritualità, ma di ricomporre quella frattura epistemologica che ha impoverito la nostra comprensione dell’umano”, dichiara il Professor Ciro Conversano, direttore del corso, “Quando accompagniamo qualcuno nella fase terminale, non stiamo semplicemente gestendo parametri biologici: stiamo assistendo al dissolversi di un cosmo interiore. Per questo serve una formazione che integri rigore scientifico e saggezza contemplativa.” Il corso rappresenta una vera e propria trasformazione intellettuale contro il materialismo riduzionista che ha sequestrato la morte, trasformandola da evento esistenziale in problema tecnico. Attraverso un tessuto epistemologico che intreccia neuroscienze, filosofia, antropologia e pratiche contemplative, questo percorso formativo restituisce alle antiche tradizioni sapienziali la loro legittimità euristica, senza mai abdicare al rigore metodologico della ricerca contemporanea. La tradizione buddhista tibetana offre qui una chiave interpretativa rivoluzionaria: la compassione non come sentimentalismo new-age, ma come techne dell’anima, come competenza acquisibile che riconosce la sofferenza nella sua universalità e si impegna attivamente nella sua trasformazione. In questa visione, la morte cessa di essere l’antagonista assoluto per diventare soglia di una comprensione più profonda del continuum di coscienza che attraversa l’esistenza”.


“La compassione autentica non è un lusso spirituale, ma una necessità dell’uomo”, sottolinea la Dottoressa Lucia Landi, presidente dell’Istituto Lama Tzong Khapa. “Quando formiamo operatori del fine vita, non stiamo semplicemente trasmettendo protocolli assistenziali: stiamo coltivando quella presenza consapevole che trasforma l’accompagnamento in un atto di profonda umanità. La morte, nella tradizione buddhista, non è fallimento ma completamento: il nostro compito è aiutare
le persone a vivere questo passaggio con dignità e serenità.”

Le neuroscienze contemporanee stanno scoprendo quello che i contemplativi sapevano da millenni: la coscienza non è un semplice epifenomeno dell’attività cerebrale, ma una realtà complessa che può modellare la propria base neurobiologica. Il Professor Angelo Gemignani, neuroscienziato dell’Università di Pisa e docente del corso, spiega: “I nostri studi sulla neuroplasticità indotta dalla meditazione rivelano come stati mentali di compassione, equanimità e presenza consapevole producano modificazioni misurabili nelle reti neurali associate alla regolazione emotiva e alla
percezione del dolore. Nel fine vita, queste non sono mere consolazioni esistenziali, ma strumenti terapeutici concreti che possono alleviare la sofferenza e favorire una morte serena.”

La ricerca ha dimostrato che pratiche contemplative come la mindfulness e la meditazione sulla compassione attivano circuiti neurali specifici, modulano il sistema immunitario e influenzano i processi di elaborazione del dolore fisico ed emotivo. In questo senso, l’antico e il moderno si ricompongono in una sintesi feconda: la saggezza millenaria trova conferma nella ricerca neuroscientifica, mentre la scienza si apre a dimensioni dell’esperienza umana troppo a lungo trascurate.

Il programma, che si svolge da ottobre 2025 a marzo 2026 per complessive 124 ore (80 teoriche e 32 esperienziali), adotta una formula blended che coniuga flessibilità e intensità esperienziale. Non si tratta di un semplice corso professionalizzante, ma di un percorso di trasformazione che coinvolge l’intera persona del futuro operatore.
I partecipanti acquisiranno competenze che spaziano dalla conoscenza dei modelli di coscienza mente-corpo alla padronanza delle tecniche di comunicazione empatica, dalla gestione del dolore dei familiari alla pratica della mindfulness applicata al fine vita. Un approccio olistico che riconosce nella morte non solo un evento biologico, ma un fenomeno antropologico totale che coinvolge dimensioni psicologiche, relazionali, spirituali e sociali.

Il corso si rivolge a medici, psicologi, infermieri, operatori sanitari, counselor e volontari con esperienza, chiunque senta la necessità di conoscere di più su questo argomento, offrendo 12 CFU che potrebbero aprire la strada a nuove specializzazioni nel settore sanitario e non solo. Ma l’ambizione è più vasta: contribuire a una trasformazione culturale che restituisca alla morte il suo ruolo di maestra dell’esistenza.

“Riceviamo richieste da tutta Italia”, confermano il prof. Conversano. Un interesse che testimonia come la società italiana, apparentemente secolarizzata e tecnologizzata, conservi ancora una sensibilità profonda per le questioni ultime dell’esistenza. Forse è il segno che, nonostante tutto, l’umano resiste alla sua riduzione a pura materialità e reclama il diritto a una morte degna, consapevole, accompagnata. In un tempo in cui la tecnica minaccia di colonizzare anche l’ultimo respiro, questo corso rappresenta un atto di resistenza antropologica: la rivendicazione del diritto a morire da esseri
umani, non da macchine biologiche guaste. È l’annuncio che la morte può tornare ad essere quello che è sempre stata nella saggezza dei popoli: non la nemica da sconfiggere, ma la soglia verso l’ignoto da attraversare con dignità e presenza.

Last modified: Ottobre 9, 2025
Close