PISA – Sensazioni ed emozioni della sfida di Pasquetta tra Pisa e Cagliari raccontate come al solito in maniera impeccabile dalla nostra Chicca nella rubrica “Pallone di-pendente”.
Il calcio è uno dei pochissimi sport in cui esiste ancora il pareggio, dato che la maggior parte delle manifestazioni sportive non lo possiedono. A farne parte sono tutte quelle competizioni che richiedono soprattutto velocità e corsa; gli esempi più evidenti sono il tennis, il rugby, il ciclismo, le discipline dell’atletica ma anche il padel e il pingpong dove ci sono sempre vincitori e vinti.
Il pareggio è uno degli elementi distintivi del gioco del calcio pensato così dagli albori di questo sport e tramandato nel corso degli anni. Per alcuni il pareggio – il nulla di fatto, divisione della posta – è sceso vertiginosamente nella borsa valori del pallone.
Talvolta si usano pietose metafore: si vede la fine del tunnel, si muove la classifica. Un movimento lento, un accenno d’ondina, se è vero che chi vince una partita su tre ha gli stessi punti di chi tre ne pareggia. Se ha perso un po’ di interesse calcistico, continua ad averne come filosofia; è il terreno di mezzo tra il paradiso della vittoria e l’inferno della sconfitta rappresentando una sorta di purgatorio grigino e indolore.
In campo può capitare che il pareggio possa essere una soluzione accettabile da entrambe le squadre; per molte di esse è tornato a essere, chissà quanto volontariamente, un bene rifugio. Così va il calcio. Scandalizzarsi è ipocrita, sostiene la maggioranza degli addetti ai lavori. Così è sempre andato. Ancora più quando la vittoria valeva due punti, anziché i tre di oggi. Trent’anni fa, per dire, il segno X era un tranquillante in schedina, soprattutto nelle doppie.
La partita perfetta, secondo l’indimenticato adagio di Gianni Brera, termina con il risultato di zero a zero. Brera è stato uno dei più grandi giornalisti sportivi a cui piaceva il calcio all’italiana, difensivo, e una gara che finisce a reti inviolate è una gara in cui le difese hanno la meglio, si esaltano. Lo considerava, invero, il punteggio ideale, la sintesi massima di una tensione sportiva capace di produrre nell’equilibrio delle forze e nell’assenza di errori la competizione impeccabile.
I tifosi del Pisa, quelli che stanno poco appresso ai social e alle chiacchiere e molto sugli spalti hanno ancora una volta dato dimostrazione di forza, quella che cercano di trasmettere sempre alla squadra, riempiendo di elettricità a passione l’impianto della città. A Pasquetta, infatti, lo stadio Romeo Anconetani che certifica le nostre radici, la nostra storia, il nostro essere diversi da tutti gli altri, è stato esaurito in ogni ordine di posto possibile per il match contro il temutissimo Cagliari di Sir Ranieri, finito, manco a dirlo, a reti bianche.
Pise sweet home. Con l’influsso “breriano” di chi scrive, il match ha visto squadre attente tatticamente, corte, concentrate; le difese hanno controllato gli attacchi, le forze in campo si sono bilanciate: nessun gol, quindi. Uno zero a zero dove non ci sono stati errori, solo purezza e ascetismo. Una tensione verso il nulla che è stata liturgica.
E se il calcio è una religione, Lunedì dell’Angelo (o di D’Angelo), l’Arena è stata la cattedrale più bella e il Pisa il suo altare più sacro.