PISA – Il successo prima della sosta contro il Benevento, ha ridato entusiasmo alla piazza nerazzurra: sensazioni ed emozioni come al solito ci vengono descritte da Chicca e basta così nella rubrica “Pallone di-pendente” che torna puntualmente anche nella settimana della sosta.
Il calcio è il paradiso degli “spiegatori”, cioè quelli che ti spiegano qualsiasi cosa e, in particolar modo, te la spiegano diversamente da come te l’hanno commentata la settimana prima. Il Pisa è tornato alla vittoria, dopo un pareggio fortunoso e una sconfitta antipatica. Il successo contro il Benevento (2-0) ha riportato punti e serenità nell’ambiente, aprendo però il tradizionale, irrinunciabile e molestissimo dibattito tra “giochisti” e “risultatisti”, insomma, tra chi afferma che bisogna vincere dando spettacolo e chi – a dire il vero soprattutto dopo aver vinto – sostiene che alla fine è importante solo l’esito positivo.
Mi sento però di parteggiare per i secondi, non perché non mi piaccia divertirmi a guardare una partita, in quanto sono un po’ più onesti. I “giochisti”, infatti, sono tali solo se la squadra che fa spettacolo fa anche punti, altrimenti, come gli altri, virano sul risultato. Gli allenatori sono consapevoli che mai come quest’anno le vittorie possono arrivare per prove approssimative, cadendo e rialzandosi, rivedendo le proprie stesse convinzioni in base alla rosa e alle sliding doors: chi mantiene gran calma, aspetta e risolve, chi improvvisa – per quanto disperato e tentato dal ribaltare tutto – è rimandato al prossimo trimestre.
E forse sono anche consapevoli che non contano solo gli schemi, i sistemi di gioco, ma gli uomini che li interpretano, i giocatori, chi va in campo, in quanto è il materiale umano che fa la differenza. A pagare è sempre chi guida, alla fine, perché ha la responsabilità delle scelte. Tuttavia a renderle veramente competitive non è l’allenatore.
Ogni tanto sento dire o leggo: l’allenatore con le sostituzioni ha fatto la differenza oppure con le sostituzioni ha cannato tutto. Le sostituzioni funzionano se i rimpiazzi si comportano bene. Le decisioni prese dal mister filano se chi va in campo è capace di applicarle. Ha ragione Jack Sparrow, di professione pirata dei Caraibi, gli schemi sono più che altro suggerimenti. Sabato pomeriggio c’hanno svegliato con il sole e con l’arrivo della primavera. L’affermazione che nasce dalle difficoltà azzera tutto, è il reset ideale.
I tre punti sono uno zittire i brusii che erano montati, sono la risposta a chi chiedeva – anche comprensibilmente – una parola, invece è arrivato un discorso. Parafrasando Moretti e il suo “di’ qualcosa di sinistra” rivolto a Massimo D’Alema, è come se avessero replicato suonando l’Internazionale. Alla società invece abbiamo chiesto di darci un futuro, e ce lo sta dando; abbiamo chiesto che non fosse da buttare lì, ma di considerare, per costruirlo, anche – se non segnatamente – quel dolore della finale play off, e sta avendo cura dei pisani dopo quel 3-4 ai supplementari.
Non ci ha ridato dignità e orgoglio poiché i pisani certe caratteristiche non le perdono (anzi), eppure ne ha cautela. Questo è. Ed è tanto. Persino più di quel che sarà. Può darsi non sia neanche importante se vinceremo oppure no.
Noi campiamo per questi momenti, l’emozione è l’ossigeno per il tifoso neroazzurro; sabato a una città è tornato il sorriso. C’è l’immagine, ancora vivissima, di un bambino in collo al babbo che apre la sciarpa verso il pullman della squadra in arrivo all’Arena per Pisa-Monza, poi inconsolabile dopo la partita. È come se il Pisa si fosse ricordato di questo, e avesse preso in braccio pure il babbo, in omaggio anche con la ricorrenza della festa del papà, al netto di tutta la retorica. Non sai quanto pesavano quelle lacrime.
Last modified: Marzo 21, 2023