PONTEDERA – La mostra “Banksy and Friends” al Palp – Palazzo Pretorio di Pontedera prosegue fino al 9 novembre (aperta dal martedì alla domenica, dalle 10 alle 19).
Settantasette opere raccontano l’arte come atto di ribellione, attraversando linguaggi e visioni che sfidano le convenzioni. Accanto a Banksy e ad altri grandi nomi della scena internazionale, trovano spazio anche artisti legati al territorio e all’arte contemporanea italiana. Tra loro c’è Cristina Gardumi, bresciana di nascita ma pisana d’adozione, che condivide il suo percorso creativo

“Per me l’arte è un’indagine sulla realtà”
«Nel mio lavoro la realtà è il motore di tutto – racconta Gardumi –. Considero i miei disegni come strumenti di indagine sul mondo che ci circonda e sulle possibilità di metamorfosi che esso offre. L’immaginazione, certo, gioca un ruolo importante: si nutre di sogni, ma la utilizzo per guidare lo spettatore verso una riflessione personale sul reale».
Un percorso tra pittura, teatro e sperimentazione
La carriera di Gardumi si muove tra più linguaggi: «Ho avuto la fortuna di coltivare sia la pittura che il teatro. Dopo i corsi di alta formazione in entrambe le discipline, ho capito quanto le pratiche artistiche siano interconnesse e come ogni mia creazione sia inevitabilmente contaminata dalle esperienze vissute. Ho lavorato per anni nel teatro di ricerca, che mi ha insegnato che in arte l’errore non esiste: ciò che chiamiamo errore è, in realtà, un’opportunità».
Sperimentare sempre, senza paura
Alla domanda su quale strada avrebbe intrapreso se non fosse diventata artista visiva, Gardumi risponde senza esitazione: «Mi piace esplorare nuovi linguaggi: la scrittura, il video… ma se potessi reinventarmi, tenterei la strada della regia. È una professione complessa, che richiede competenze artistiche e sociali, la capacità di coordinare diverse figure professionali e guidarle verso un obiettivo comune. Ho lavorato con molti registi e i migliori, per me, sono sempre stati quelli empatici, che affrontano pressioni e difficoltà con un sorriso. Loro riescono a creare un ambiente sereno e, quando si sta bene, si lavora meglio. Forse, un giorno, mi piacerebbe essere proprio questo: una regista che sorride».
