PISA – Entriamo nel vivo della “scienza” con la quinta uscita della rubrica Green Talk, dopo aver parlato nell’ultimo articolo di greenwashing e di comunicazione fallace della sostenilità.
di Giulia Cecchi
Merita sottolineare ancora una volta come la comunicazione della sostenibilità, sia un argomento delicato e sempre più di vitale importanza, anche per evidenziare l’effettivo impegno introdotto a tutela della sfera ambientale e sociale. Tale comunicazione è spesso messa in atto in maniera criptica, poco chiara, oppure con l’intento di mettere in luce solamente alcuni aspetti “benefici”, nascondendone invece i lati oscuri come prevedono le peggiori “ricette” per il Greenwashing, che ricordiamo essere la tecnica di comunicazione o di marketing che tenta di “vendere” prodotti e comportamenti a basso impatto ambientale, accendendo i riflettori su azioni che in realtà non sono autentiche, ma promosse al solo scopo di mostrarsi più “sostenibili”.

Ai fini di combattere queste pratiche sleali e garantire la corretta comunicazione delle prestazioni e dell’impegno di ciascuna organizzazione nel ramo della sostenibilità, l’Unione Europea, ha intrapreso nel tempo diverse azioni mirate con l’obiettivo di regolare le pratiche di misura e comunicazione della sostenibilità e di garantire a consumatori, investitori ed altri stakeholder l’effettivo impegno messo in pratica dalle aziende.
Le azioni messe in campo in tal senso, riguardano sia proposte di regolamento sulla tutela del consumatore dalle pratiche di greenwashing, sia lo sviluppo delle cosìddette etichettature ambientali, di cui più o meno tutti abbiamo sentito parlare.
Oggi per voi, ho intervistato il collega Andrea Marchetti, Ingegnere Chimico di ARCHA specializzato in Sostenibilità e Normative Ambientali.
Ciao Andrea e grazie per il tuo tempo. Vorrei entrare subito nel vivo dell’argomento, visto che il tema è molto tecnico. Ti chiedo quindi a bruciapelo: mi introduci le etichettature ambientali? Che cosa sono?
“Ciao Giulia, volentieri! Le etichettature ambientali sono quelle che accompagnano i prodotti e servono per evidenziarne le elevate prestazioni ambientali. Le etichette possono essere di vario tipo, ma quelle più efficaci in ottica di lotta alle pratiche sleali sono quelle che prevedono una necessaria certificazione e validazione dei dati e delle metodologie utilizzate e dei risultati ottenuti prima di ottenere il rilascio dell’etichetta”.

Quindi sono utili per avere delle informazioni in più sul prodotto…
“Sì esatto. Le etichettature ambientali forniscono ai consumatori, pubblici e privati, informazioni chiare, trasparenti e immediate sulle prestazioni ambientali di un prodotto o di un servizio”.
Ma sono obbligatorie o possono essere messe a discrezione?
“Queste etichette sono quasi sempre di natura volontaria, anche se ne esistono alcune di carattere obbligatorio che regolano le modalità di informazione e valutazione di particolari caratteristiche ambientali del prodotto (ad es. etichette energetiche per apparecchi elettronici ai sensi del Regolamento UE 2017/1369, etichettatura ambientale degli imballaggi ai sensi della Direttiva UE 2018/851)”. Nel caso di sistemi volontari di etichettatura ambientale, le imprese possono decidere se optare o meno per l’ottenimento di un determinato “marchio”, nel rispetto dei requisiti imposti per l’ottenimento ed il mantenimento del marchio stesso. Accanto alle normative istituzionali che regolano tali schemi di comunicazione, l’organizzazione ISO (International Organization for Standardization) ha cercato di rendere uniforme le metodologie per la comunicazione della sostenibilità ambientale dei prodotti attraverso lo sviluppo di tre etichette ambientali. Talistandard ISO forniscono definizioni e linee guida chiare e condivise dall’Unione Europea, permettendo di fare chiarezza rispetto alla moltitudine di claims ambientali che circolano nel mercato.
Nel particolare, le etichette ambientali fanno riferimento alla norma ISO 14020:2022 e si dividono in tre tipologie:
1. Etichette ambientali di Tipo I: regolate dallo standard specifico ISO 14024:2018, prevedono il rispetto di criteri specifici e definiti chiaramente per ciascuna tipologia di prodotto, tenendo in considerazione tutto il suo ciclo di vita.
2. Autodichiarazioni ambientali di Tipo II: regolate dallo standard specifico ISO 14021:2016, sono autodichiarazioni ambientali che prevedono solamente il rispetto di determinati requisiti su contenuti e modalità di diffusione delle informazioni che un’azienda comunica sui propri prodotti. Rientrano ad esempio in questa categoria i termini “Compostabile”, “Biodegradabile”, “Riciclabile” collegati ad uno specifico prodotto. Questo tipo di “etichettatura”rappresenta tuttavia quella più commerciale ma potenzialmente meno affidabile di tutte, in quanto non basata su requisiti prettamente tecnici del prodotto e necessita di una verifica da parte di un ente terzo indipendente che garantiscache le informazioni comunicate rispettino i requisiti imposti dalla normativa ISO
3. Dichiarazioni ambientali di Tipo III: regolate dallo standard specifico ISO 14025:2006, rappresenta la tipologia di etichettatura con basi scientifiche più solide, che sfrutta la metodologia del Life Cycle Assessment (LCA) per la valutazione delle prestazioni ambientali del prodotto che si vuole etichettare, quantificandone gli impatti ambientali basati sull’intero ciclo di vita.
L’ottenimento di una di queste etichette ambientali può prevedere, a seconda della tipologia di etichetta, una verifica da parte di organismi di terze parti: per le etichette di Tipo I e III la verifica è di tipo obbligatorio per ottenete il rilascio del marchio, mentre per le etichette di Tipo II è su base volontaria, per garantire il rispetto delle modalità di trasmissione delle informazioni
Quindi, a rigor di logica, usando una corretta etichetta si comunica in modo chiaro ed efficace l’impegno nei confronti dell’ambiente?
“È un’ottima domanda Giulia. L’affidabilità e la trasparenza di tali etichette è oggetto di dibattito in quanto da vari studi condotti dall’Unione Europea è emerso che esistono più di 200 marchi ambientali nel mercato Europeo, tutti operanti con metodi e schemi differenti che determinano una variabilità nella loro trasparenza e credibilità. Inoltre, dagli studi condotti, è stato appurato che circa il 53% di tali etichette forniscono informazionifuorvianti, vaghe o non verificabili. La Commissione Europea ha pertanto lanciato alcune iniziative, che si prefiggono di combattere il fenomeno del greenwashing e di regolare e limitare lo sviluppo e la proliferazione di marchi ambientali, rendendoli sempre più affidabili. Tali iniziative trovano la massima espressione nella Sustainable Product Initiative e con direttive che regolano la comunicazione ambientale e tutelano I consumatori da pratiche sleali, come la Green Claim Directive, la cui proposta di legge è stata presentata a fine marzo 2022.
Ma esistono dei marchi più “famosi” di altri?
“Beh, diciamo che l’UE spinge sull’utilizzo di marchi comprovati a livello europeo come il marchio EcoLabel, ovvero il marchio di qualità ecologica sviluppato dall’UE per garantire prodotti e servizi contraddistinti da ridotto impatto ambientale e con elevati standard prestazionali. Tale marchio è inoltre certificato da un organismo indipendente riconosciuto dall’UE, garantendone l’affidabilità e la veridicità delle informazioni trasmesse. Su tale schema di etichettatura punta l’UE per combattere il Greenwashing, proponendolo come marchio di riferimento da utilizzare in Europa per la tutela del consumatore nella scelta di prodotti con elevata attenzione alla sostenibilità ambientale”.
Il percorso da intraprendere è complesso. Quindi come può un ente muoversi in maniera corretta?
“Sicuramente è importantissimo affidarsi a strumenti validi ed esperti di consulenza per poter intercettare il miglior percorso di etichettatura da intraprendere. Noi di ARCHA, per esempio, accompagniamo le aziende in un lungo percorso volto a intraprendere il miglior schema da seguire per fare un buon lavoro e tutelarsi anche dal mercato sempre più esigente”.
Tutto chiaro Andrea grazie mille del tuo tempo, veramente di qualità! Ultima domanda: ma se non sbaglio esistono altre etichette esposte sul prodotto?
“Sì Giulia, esistono le etichette, che indicano un prodotto pericoloso, altamente infiammabile, esplosivo. Quelle sono etichette che invitano l’utente a prestare attenzione ai pericoli legati all’utilizzo di quel prodotto”.
Vero! Sarebbe utile imparare a leggere insieme le etichette dei prodotti pericolosi, ne parlerò sicuramente nel prossimo articolo! Grazie per lo spunto Andrea e alla prossima rubrica
Last modified: Giugno 29, 2023