Scritto da 6:02 pm Pisa SC, Sport/Altro, Tutti

Non voglio cambiare il Pisa di una virgola. Questo è un punto (importante)

Torna l’appuntamento settimanale con “Pallone di-pendente” nella settimana della sosta per l’inizio dei Mondiali in Qatar dopo il prezioso pareggio ottenuto contro il Cagliari che la nostra Chicca è basta così ci racconta con la solita passione che la contraddistingue

di Chicca e basta così

Cagliari, città del sole, ricca di storia, popoli e culture. Dal centro del Mediterraneo sembra lontana da tutto e altrettanto vicina a tutto.. Ha affascinato storici, poeti, scrittori, premi Nobel, showman e grandi campioni dello sport. Ed ha affascinato sabato pomeriggio anche i tanti tifosi presenti in quel pezzo di spalti dello stadio, tra la nostra Gradinata e la Sud, colorati di nero e di azzurro per assistere a Cagliari-Pisa. Una diffusa e fondata opinione storiografica, presenta Cagliari come “città pisana”, strettamente dipendente istituzionalmente, socialmente ed economicamente da Pisa e sotto il suo dominio intorno al 1300.

E Pisa, nella sua versione calcistica, l’ha dominata per lunghi tratti anche nella gara disputata sull’isola. Il risultato finisce in parità, 1-1, ma rimane un punto preziosissimo contro una squadra forte. L’ultimo match di campionato risale a 31 anni fa quando non c’era lo sponsor sulle maglie, il 2 era un mastino, l’8 un precisino, il 10 un sognatore e l’arbitro un uomo solo. Per inciso quando penso al capoluogo sardo mi tornano alla mente due ricordi: uno bellissimo, l’altro meno. Il primo: 1990 pianeta terra (rossa). In un weekend non qualunque, in una bolgia dantesca chiamata tifo, avvolgente, scomposta, spesso ingestibile e decisamente poco tennistica ho assistito alla Coppa Davis di tennis Italia vs Svezia. L’Italia del tennis agli ordini di Capitan Panatta, schierò Paolo Canè che ebbe sulle spalle il compito arduo di chi era chiamato a sovvertire un pronostico apparentemente blindato contro Mats Wilander. Battere il numero uno del mondo sulla sua superficie preferita era davvero impossibile. Eppure, dal nulla, l’impresa di Paolo da Bologna: in cinque set (6-4; 3-6; 4-6;7-5; 7-5). Ricordo Canè, sepolto dall’abbraccio virtuale di una nazione francobollata al piccolo schermo e dall’urlo liberatorio del Galeazzi monumentale al microfono, si lasciò crollare a terra esanime, in un tutt’uno con l’inglobante rosso di cui sopra.

L’altra rimembranza, quello amara, riguarda il tecnico Maran, esonerato dal Cagliari nel marzo del 2020. Un uomo che ha fatto parte, per fortuna (a mio avviso) per pochissimo tempo, della nostra storia, ma a cui non riesco a voler bene, forse per limiti miei personali. Non perché abbia perso; in tanti l’hanno fatto. E noi siamo i più bravi del mondo a voler bene proprio a chi ha perso. Ma credo che lui non l’abbia saputo fare.

D’Angelo, invece, nella sua storia di allenatore ha vinto (ancora) poco. Però piace perché piace la sua idea, merce rara nel calcio di oggi. Un calcio artigianale, che nasce dalla fatica dell’apprendimento, dal sudore nel lavoro, dall’applicazione metodica dei movimenti. Il Mister è stato l’ultimo, non in ordine di importanza, acquisto, tanto è stato bravo a portarci fuori dalle pericolose secche maranane e a dare un’anima, un corpo e un gioco al giocattolo neroazzurro, quotidiano rifugio nella nostra infanzia.

Last modified: Novembre 22, 2022
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